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INTERVISTA DI J.b. DEL 2010

JB: Cristina, rompiamo il ghiaccio in maniera giocosa – in linea con la tua ricerca artistica.
Scegli tre parole per tratteggiare il profilo di ciò che è per te l’arte.
CC: ho scelto una coppia di tre, perché variano in continuazione. Giocattolo/dimensione/variazione + narrazione/storia/sensazione. In fase progettuale e ideativa cerco sempre di stabilire e costruire un gioco di parole che sia paradossale e nello stesso tempo lo metto in relazione a dei materiali/oggetti che, in seguito, vengono assemblati componendo semplicemente delle immagini irreali e sognanti.
Altre volte, prendendo in considerazione una semplice citazione letteraria, un proverbio, una metafora,  rielaboro la frase giungendo spesso a creare delle contraddizioni, mentre vado ad originare un’opera  stravagante, attraverso la costruzione di  una messa in scena.

JB: Come organizzi, se lo fai, il tuo processo di creazione artistica? Ci sono delle regole che ti imponi di seguire o tendi a lasciarti trasportare dalle intuizioni di un momento? Insomma è più importante per te, l’ordine o il disordine?
CC: in primis, sicuramente il disordine, vado sempre alla ricerca d qualcosa o qualcuno che mi possa suggerire…, poi, nel momento in cui ho focalizzato il procedimento, ecco che si attiva il processo, quindi posso definire che il mio lavoro sia fortemente progettuale; passo dal disordine all’ordine e viceversa, un po’ come nella vita.

JB: Dalle tue opere, si vede che ti indirizzi verso luoghi e dimensioni che rimandano al mondo dell’infanzia, oserei quasi dire a una sorta di purezza giovanile. Anche i titoli che scegli lo suggeriscono, penso ad “essi compaiono nella buia notte del bosco”, “Pinocchioitagliaocchio”, “pinocchio e cavallo fulminati”. E a che prezzo?
CC: il mio lavoro vuole essere un implicito invito ad andare oltre le apparenze per cogliere le sottili sfumature di una narrazione, cercando di non fuorviare lo spettatore dalla semplicità ed immediatezza di fruizione. Alcune volte nella costruzione di un’installazione mi piace variare le dimensioni delle cose permettendomi di giungere ad un ribaltamento di senso e del significato dell’opera.  Nel mio approccio così giovanile all’arte, certamente, il rimando all’infanzia è fondamentale. Io recupero i giocattoli….. e penso che questi oggetti conservati in una scatola rimandino alla storia di ognuno di noi; “Essi compaiono da nulla nella buia notte del bosco” rappresenta n bosco tenebroso e desolato dove compaiono un lettino e due sedie che sono illuminati dalla luce della luna. La dolcezza al rimando  infantile dei mobiletti giocattolo, innocui ed anzi rassicuranti, è contraddetta dalla silente oscurità del bosco, sospeso nel tempo e nello spazio. E’ un luogo reale quello che vediamo, o solo un’illusione?
In “Pinocchioitagliaocchio” Pino (artista, giocatore attore)il tronco di abete ritrovato nel bosco si trasforma in un candido Pinocchio (bianco come simbolo di purezza ed onestà). Sul suo naso, la cui forma assume le sembianze  di un lungo ramo sono cresciute numerose  e particolari foglie,  (quanto le bugie che dice) dall’apparenza geografica di una piccola Italia.
Italia, paese dei balocchi che si avvale di un play the game e di un’applicazione di metodi per giocare ed ingannare. Ed in particolare gli occhi sono quasi soffocati dalla stratificazione della carta come se Pinocchio, il burattino che sostanzialmente rappresenta l’umanità in senso universale, non vedesse. Credo che questa affermazione sia un implicito invito a riflettere, a risolvere l’enigma che si cela nel lato nascosto di ogni mia opera. Non vediamo dove andiamo? Ci interessa?
Cosa perdiamo nel divenire adulti? Credo che il trascorre del tempo abbia esaurito il profumo dell’infanzia; spesso ci dimentichiamo il primo periodo di vita  e nello stesso momento, quando diventiamo adulti, perdiamo quella sensazione giocosa, quella leggerezza  che ci porta  in quel lasso di tempo ad essere unici, cosa che, per un artista  è molto importante perché  determinante per il fare artistico. Molte volte si dimentica quella  delicatezza fantastica del lasciarsi andare, nel perdersi giocando, che insita in ogni fanciullo; ecco che…… io cerco di recuperarla facendo riferimento   a delle metafore ed  a volte   confrontandola   con la vita reale.

JB: Un’altra parola ricorrente  nei titoli che scegli è occhio. Ecco, che importanza ha per te  la visione? Pensi che ogni nostra percezione del mondo esterno si origini  nell’occhio?
CC: la visione è fondamentale, ma in ogni artista è singolare e personale.
Nell’arte l’immaginazione non deve privata di sensazioni poetiche; se il nostro occhio fosse mancante  di profonde conoscenze sensoriali risulterebbe asettico.

JB: Com’è possibile conservare uno spazio di libertà e dunque di libertà di espressione in un mondo dove tutto è calcolato secondo la maggior efficienza  nel miglior tempo possibile? Come ti ritagli e conservi la tua autonomia?
CC: il tempo è fondamentale, anche se nel mio lavoro non prevale, ma è fondamentale nel processo creativo. Non solo nel senso metaforico, ma anche pragmatico.
Infatti il procedimento che utilizzo nell’eseguire il mio lavoro è estremamente lento e faticoso: principalmente si genera come una sorta di stratificazione  delle idee……..poi successivamente esse vengono rielaborate e riordinate per concentrarmi nell’esecuzione vera e propria  del progetto. Voler tutto e subito, questo è il motto  universale del voler essere a tutti i costi nel sistema dell’arte. Io preferisco essere autonoma e lenta sfruttando il maggior tempo possibile, questo può essere controproducente e contro ogni tendenza alla moda.

JB:”Andiamo alla deriva” è una tua opera recente del 2010. Esattamente, per te cos’è la deriva?
Come ci stiamo andando? Ma soprattutto, riusciremo secondo te a rimetterci in moto?
CC: per me la deriva è l’allontanamento costante dell’individuo dal mondo reale.

JB: Quali sono i tuoi progetti futuri? Vuoi parlarcene?
CC: un collaborazione con Tania Sofia Lorandi seguace di Enrico Baj, esponente della Patafisica.

JB: Ti senti compresa come corresti dal panorama artistico italiano? Come guardi all’Italia oggi?
CC: credo di non poter comprendere il panorama artistico italiano, forse è un mio problema.

JB: Chi sono le figure a cui ti ispiri?
CC: le persone che mi fanno ridere.

JB: Hai un motto?
CC: occhio per NO-occhio