Di notte anche il paesaggio riposa 2019

Prima di tutto due parole sui luoghi, che ovviamente non sono casuali. Vallecamonica è storicamente la terra delle miniere, della via del ferro, una tradizione molto antica che risale alla stesa Età del Ferro (sembra un gioco di parole).  La Forgia Fedriga nasce negli anni sessanta ed è ora alla quarta generazione, quindi un luogo storico e pienamente radicato in questa tradizione camuna, i cui proprietari hanno accolto con autentico entusiasmo questa proposta apparentemente incongrua di ospitare un festival di poesia.La scelta della forgia non è casuale, sia perché la forgia o comunque le fabbriche di lavorazione dei metalli son uno dei topoi più forti, sia fisici che letterari, della Vallecamonica, ma anche per sottolineare come la poesia in realtà sia e possa essere ovunque. La stessa trasformazione della materia ha in sé qualcosa di magico, qualcosa di sacrale. Tanto per citare un poeta, visto che siamo in tema, la prima volta che ho parlato con Cristina del progetto dell’opera mi è subito venuta in mente la celeberrima poesia di Baudelaire che parla della natura come di una foresta di simboli, che gli esseri umani attraversano. Le ispirazioni dell’opera sono due: il tema del festival, cioè il paesaggio, e ovviamente la Forgia. L’opera è un’opera site specific appositamente creata per questa occasione. Sono da intendersi interventi site-specific tutti quegli interventi artistici che vengono concepiti direttamente in relazione ad uno spazio che esiste a prescindere dall’opera d’arte. L’opera è stata infatti realizzata all’interno della forgia con materiale proveniente in gran parte dalla forgia stessa, per la precisione materiale di scarto. Negli oggetti che vedete a terra, la parte esterna, cioè quella sorta di cerchio, è costituita da avanzi della lavorazione di tubi metallici, che assumono quella forma morbida e ondulata. Nonostante l’aspetto soffice e quasi spugnoso, sono in realtà molto duri e pesanti. All’interno di questi anelli di metallo sono state inserite delle sculture in carta di riso colorata, illuminate dall’interno. Il tutto è stato poi nuovamente collocato nella forgia, ricavando in essa un paesaggio notturno. In questo paesaggio riconosciamo ora catene montuose, ora fiumi, ora fiori, ora frutti, o addirittura corpi celesti, stelle o asteroidi. Sono forme che non abbiamo mai visto eppure sono in qualche modo familiari, note, vicine e lontane al tempo stesso. Sembrano pulsare e sembrano vivere, respirare. È un paesaggio, un paesaggio fatto di cose apparentemente morte che sono vive, di cose terrene che sono cose celesti. Nel pensiero magico gli opposti si incontrano e sconfinano gli uni negli altri. Quindi l’artista, come uno sciamano contemporaneo, agisce questo processo di “apertura delle porte” che consente il riversamento di un mondo in un altro. In una sorta di moto circolare, infinito, il nuovo ridiventa antico, l’industria ridiventa natura, il dentro diventa fuori, e poi al contrario, in un movimento continuo che è quello dell’essere.

In qualche modo, il gesto artistico restituisce il minerale alla natura, dalla quale in realtà proviene, e lo rende pulsante e partecipe, in un modo diverso, della vita della terra. Il gesto creativo è appunto questo, un dare vita o ridare vita. Lo scarto ferroso quindi non è più tale, si è mutato in questi delicati organismi, la cui  luminescenza lascia un dolce brillio nel buio, e che  vivono della loro forma e vivono anche della nostra, cioè della forma che noi, con un procedimento di associazione, riconosciamo in loro. Sono entità che non abbiamo mai visto, ma qualcosa dentro di noi le conosce. Il paesaggio che costruiscono è un paesaggio esteriore ma anche un paesaggio interiore, una finestra sul nostro inconscio. Nell’arte contemporanea l’incontro tra l’interiorità dell’artista espressa nell’opera e l’interiorità dello spettatore è fondamentale. Per questo vi inviterei a prendere un bel respiro, sgombrare per un attimo la mente da tutte le belle cose che abbiamo ascoltato, e fare del vuoto per fare “entrare” l’opera dentro di voi. Per consentire questo, dovete prima entrare voi stessi, fisicamente, nell’opera. Come vedete, vi è una apertura nella quale potete penetrare all’interno del cerchio.  Una volta lì, restate in silenzio per qualche istante ed attivate la vostra percezione. Sono certa che resterete sorpresi da questo incontro con l’opera di Cristina. (Lucia Zanotti)

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